Ultimamente viene dato grande risalto, da fonti locali favorevoli alla combustione dei rifiuti, allo studio "Emissioni di polveri fini e ultrafini da impianti di combustione".
Per questo motivo pubblichiamo volentieri le seguenti osservazioni, curate da Medicina Democratica e scaricabili in forma integrale a questo indirizzo
Successivamente alla presentazione dello studio Emissioni di polveri fini e ultrafini da impianti di combustione. Sintesi finale. Ottobre 2010" eseguito su incarico di Federambiente, e svolto dal laboratorio LEAP con l’ausilio di docenti del Politecnico di Milano e delle Università degli Studi di Parma e di Brescia, sono circolate sintesi ulteriori e commenti che attribuiscono allo stesso la dimostrazione che gli inceneritori non determinano impatti ambientali e sanitari. In particolare il dato presentato per cui sono stati rilevati (in due casi su tre) un numero inferiore di particolato ultrafine (PU) nell’aria ambiente (comburente) rispetto a quello presente nelle emissioni dimostrerebbe che gli inceneritori non solo non inquinano ma "puliscono l’aria". Nulla di più falso anche se l’approccio riduzionistico dello studio favorisce tale lettura deformata. Una lettura non superficiale dello studio fa emergere ben altro.
Rimandando a una nota di dettaglio disponibile sul sito www.medicinademocratica.org (link diretto) ci preme, sinteticamente, evidenziare quanto segue.
Dello studio è disponibile solo una sintesi e pertanto non si conoscono molti importanti dettagli in merito alle metodologie adottate e i dati presentati.
E’ stata considerata la quota di polveri fini e ultrafini emessi dall’impianto di incenerimento per la sola parte primaria e non per quella secondaria (che si forma successivamente all’emissione da alcuni gas) che invece è la quota principale (pertanto ogni "confronto" tra aria ambiente ed emissioni non ha alcun fondamento scientifico né ha alcun significato).
Il confronto tra caldaie da riscaldamento (senza sistemi di abbattimento) e inceneritore (con sistemi moderni di trattamento fumi) è fuorviante e improprio perché non vengono confrontati impianti con caratteristiche analoghe (lo studio comunque conferma che, tra i combustibili fossili, il metano è quello con minor emissione di PU da combustione).
Lo studio, oltre a confermare che gli inceneritori sono una fonte di PU, mostra che l’incenerimento si caratterizza come la fonte inquinante in cui il rapporto tra le polveri emesse è più "spostato" verso le polveri di dimensioni inferiori.
La parziale attività di caratterizzazione chimica delle polveri ambientali e da inceneritori conferma che questi ultimi possiedono delle particolarità che ne possono influenzare la tossicità, purtroppo lo studio non sviluppa ulteriormente questo argomento importante.
Anche se lo studio è parziale e contraddittorio sull’argomento, viene confermato che l’efficienza di sistemi di abbattimento evoluti come i filtri a maniche, si riduce al ridursi delle dimensioni delle particelle (né possiede influenza sul particolato secondario) anche se rimane relativamente elevata.
Il confronto tra aria ambiente e emissioni, oltre ad essere di per sé fuorviante in quanto improprio (sono due fluidi con caratteristiche diverse e sono il risultato di processi diversi) non è chiaro come sia stato svolto. Lo studio, alla fine, vorrebbe far passare l’idea che il sistema più efficace per migliorare l’aria sono le tecnologie di trattamento (e anche di combustione) e non la prevenzione dalle fonti inquinanti. E’ vero il contrario, un tale approccio è fallimentare, solo limitazioni o divieti nell’impiego di sostanze o di processi inquinanti (zolfo, piombo ecc) hanno conseguito risultati tangibili di miglioramento ambientale.
In conclusione lo studio presenta spunti di interesse che però non vengono sviluppati adeguatamente, per il resto mischia aspetti di valutazione ingegneristica con aspetti ambientali con lo scopo di contestare la sottolineatura sul ruolo degli inceneritori nella emissione di polveri fini che parte dell’ambientalismo presenta per opporsi alla realizzazione di nuovi inceneritori (e non solo).
Ricordiamo invece che le motivazioni contro l’incenerimento dei rifiuti sono assai più articolate; riguardano, infatti, la perpetuazione di cicli di estrazione di materie, trasformazione, commercializzazione e gestione post-consumo di materie e merci e, da ultimo, la previsione di sistemi gestionali basati sull’incenerimento dei cosiddetti rifiuti (allo stato la cosiddetta "gestione integrata dei rifiuti"); sono argomenti fondati, in primis, sulla insostenibilità della filiera produttiva complessiva (e sulla crescita illimitata) e non certo solo ed esclusivamente sull’impatto locale di un singolo impianto di incenerimento e, ancor meno, su un singolo inquinante.
Uno studio di questo genere porta qualche conoscenza aggiuntiva ma non scalfisce in alcun modo queste ragioni e gli obiettivi di tutela ambientale e della salute pubblica che motivano l’opposizione popolare agli inceneritori e a molti altri fattori responsabili di degrado e malattia.
Medicina Democratica, febbraio 2011